mercoledì 11 luglio 2007

Un tempo i mascalzoni erano onesti, forse...

Da LA STAMPA di oggi, riporto un articolo che da voce in modo equilibrato a paragoni che spessissimo, mio malgrado, anch'io mi ritrovo a fare. (E mi sa che non sono la sola.)

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QUANDO I MASCALZONI ERANO ONESTI
Dal finto colonnello Titta al generale De Lorenzo i documenti dimostrano che pure da tessitori di trame possono tenersi comportamenti coerenti e seri. E oggi?
ALFIO CARUSO

Il generale De Lorenzo giocò pesante nell'Italia dalla democrazia monca, asfissiata da odi e compromessi. Prima da responsabile del Sifar, poi da comandante dei carabinieri, De Lorenzo fu detentore di un potere nel quale lecito e illecito facilmente si mescolavano e s'ingarbugliavano. Lui e molti altri militari dell'epoca facevano coincidere il dovere con la difesa della Patria dalle mire dell'Unione Sovietica. Che questo poi si traducesse in uno spregiudicato superamento di codici e di regole veniva ritenuto un male necessario. Ma a modo loro il senso dello Stato lo possedevano e lo rispettavano. Mai il generale minacciò di svelare segreti e presunti altarini.

De Lorenzo fu il primo destinatario di una legge ad personam per consentirgli di mantenere la guida del Sifar pur essendo stato promosso; proseguì l'usanza sviluppata dall'Ovra di accumulare dossier (Andreotti osservò che d'ignoto in Italia era rimasto soltanto il Milite); sovrintese al piano Solo: secondo i nemici il canovaccio di un golpe, secondo gli estimatori una normale misura preventiva per l'ordine pubblico; fu iscritto a un'importante loggia massonica riservata, la Giustizia e Libertà dipendente dalla Gran Loggia di piazza del Gesù, e gli facevano compagnia diversi colleghi, i cui nomi saranno poi ritrovati nella P2 gelliana. Insomma a rileggere quei funambolismi e quei sotterfugi ci si accorge che purtroppo niente è cambiato, che forse aveva ragione Montanelli allorché asseriva che in Italia i servizi o sono deviati o non sono. Tuttavia i documenti ci raccontano che pure da tessitori di trame possono tenersi comportamenti coerenti e seri. Ci si può battere in modo onesto per una causa sbagliata. È possibile affermarlo pure per gli attuali protagonisti della vicenda Sismi?

Il finto colonnello Adalberto Titta guidò dal '48 una struttura particolare, quasi clandestina. La chiamavano Anello, doveva servire per le operazioni dove esiste la licenza di uccidere cara a James Bond. Ma Titta non era stato raccomandato dal don Verzè dell'epoca, nel bene e nel male aveva contato il suo passato di maggiore pilota nella regia Aeronautica e nella Repubblica di Salò. E quando venne fuori che Anello aveva contribuito alla fuga di Kappler, che Titta aveva condotto le trattative con Cutolo per la liberazione di Cirillo, i suoi capi ebbero il buon gusto di abbozzare. Il generale Pollari, invece, afferma che niente sapeva dei dossier su magistrati, politici, giornalisti stilati dal dottor Pompa. Fosse anche vero, qual è l'affidabilità di un servizio segreto il cui capo non s'accorge che il principale collaboratore gioca una partita del tutto personale?

La Cia brutta, sporca e cattiva di Angleton, di Offie, di Allen poteva impiegare un graduato dei Carabinieri, ma non spingerlo fino a diventare il numero 2 dell'apparato, com'è accaduto con Mancini. Allora non bastava essere cagnolini fedeli, occorreva sbrigarsela bene con il mestiere. A Mancini viene attribuito il merito di aver indicato, attraverso una propria fonte, un importante arsenale di Saddam nella prima guerra del Golfo. La leggenda, però, racconta che nel '56 gli agenti del Sifar, dopo aver annunciato agli statunitensi l'esistenza del memoriale Krusciov sugli orrori dello stalinismo, strapparono a malapena una gratifica. All'ombra della Guerra fredda e delle ideologie poteva anche capitare. Ma oggi all'ombra dei soldi?

(La Stampa, 11/7/2007)

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